Your Name. Cinema o Anime al cinema?


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Nonostante la distribuzione ricattatoria che Your Name ha avuto nel nostro paese all’interno della rassegna denominata Anime al cinema, caratterizzata da proiezioni effettuate durante i giorni feriali al prezzo di 11 Euro, il successo di pubblico è stato tale che il film di Makoto Shinkai è rimasto nelle sale molto più rispetto alle previsioni iniziali del distributore. Oltre alle date iniziali del 23/24/25 gennaio in alcune città il film è stato proiettato anche nelle settimane successive, sempre a prezzo maggiorato giustificato dall’appellativo ormai ineluttabile di evento speciale. Un successo trainato dal passaparola tra i fan nostrani degli anime e che dovrebbe far pensare i distributori “normali” sul fatto che in Italia, film dello studio Ghibli a parte, esiste un mercato recettivo verso questo tipo di prodotto cinematografico e che lasciarlo del tutto nella disponibilità di un unico soggetto, che continua a ricattare (non mi viene in mente altro verbo) gli appassionati di anime, è un controsenso economico oltre ad essere un freno enorme dal punto di vista culturale.
Ma veniamo al film in sè che è bello e sicuramente merita tutto il successo che ha avuto in giro per il mondo.
Non arriverò a definirlo un capolavoro come ha fatto Mastro Stout, ma sicuramente è un film che in ogni sua parte è fatto molto bene: dalla storia, al character design, alle canzoni, tutto è realizzato con estrema cura. Lascio il termine capolavoro ad una manciata di titoli che si stagliano nella mia memoria come delle vette difficilmente avvicinabili. Però è rassicurante che nonostante una leggenda come Hayao Miyazaki e il suo studio Ghibli abbiano smesso da più di tre anni di produrre film, lo spazio lasciato libero sia stato subito occupato dai film di nuovi autori. Il fatto che Your Name risulta essere un ottimo film comunque è molto importante, perchè si inserisce in quel processo di cambiamento generazionale che sta vivendo il cinema d’animazione giapponese. Ogni film è una nuova prova, un nuovo esame per un autore giovane come Shinkai. Tra i tanti che avrebbero dovuto partecipare alla gara per essere nominato erede di Miyazaki-sama sono rimasti in gioco (causa i decessi prematuri di Yoshifumi Kondō e Satoshi Kon, e la crisi esistenziale-professionale di Hideaki Anno) solamente due nomi: Makoto Shinkai e Mamoru Hosoda. E’ proprio ad uno dei titoli di quest’ultimo, La ragazza che saltava nel tempo, che ho subito pensato durante la visione di Your Name. Il tema del viaggio nel tempo, del destino e della sua (im)mutabilità, l’eta dei protagonisti, contraddistinguono entrambe le pellicole. L’elemento che distingue Your Name è senza dubbio quello spirituale, l’azione delle divinità shintoiste è evidente anche se le immagini non lo rendono esplicitamente.
C’è però un piccolo elemento, quasi trascurabile, che ho notato essere presente in misura maggiore o minore sia nel film di Shinkai che in quelli di Hosoda e che continua a non convincermi. Mi riferisco al fatto che sempre di più nei film post Studio Ghibli trovo situazioni in cui elementi del disegno e cinematografici si richiamano espressamente all’animazione televisiva. Per esempio i visi deformati e le stilizzazioni nei momenti di imbarazzo o di rabbia dei protagonisti e in generale nei momenti comici della pellicola. Mi sembra un elemento che stride col tono stilistico che quei film mantengono per il resto del tempo. Se facciamo un paragone con Miyazaki, certi momenti nei film Ghibli erano rari e comunque non “staccavano” troppo dal resto. In Ponyo per esempio ci sono diversi momenti definibili come infantili ma sono inseriti nel contesto di un film destinato ad un pubblico molto giovane. Sicuramente qualcuno obietterà che quegli elementi risultano essere distintivi dell’animazione giapponese però è un obiezione che prevede una consequenzialità tra anime in tv e anime cinematografici. Ritengo invece che il cinema d’animazione deve essere qualcosa di diverso rispetto all’animazione televisiva e un autore dovrebbe divaricare ad ogni film un po’ di più questa differenza. Insomma per realizzare anime cinematografici non bisogna limitarsi a portare una televisione in alta definizione al cinema, ma bisogna pensare ad un linguaggio diverso con altri standard rispetto a quelli televisivi.


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