L’uomo che volle farsi Werner


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John Paul Rosenberg ha affittato una stanza per la notte in un motel del midwest. La contea o lo Stato non sono importanti. E’ il 1960 e lui sta lasciando Philadelphia, una moglie e quattro figli per iniziare una nuova vita con June. I soldi non sono un problema, il lavoro non manca e lui ha già qualche idea in testa. E’ un venditore di macchine usate e con le parole è dannatamente bravo. E’ in grado di vendere qualsiasi cosa. Ma per ora l’importante è essere lì con June, lontano da Philadelphia. Quella sera, dopo aver fatto sesso, John cerca di rilassarsi ma non riesce a prendere sonno. L’adrenalina che ha in circolo da quando la loro fuga è iniziata lo tiene sveglio, così si versa uno scotch e cerca qualcosa da leggere. Accanto al posacenere sul tavolino c’è un numero di Esquire dell’anno prima, sicuramente dimenticato lì da un vecchio cliente. In copertina una strana immagine, metà collage metà disegno, che raffigura un catcher. Un articolo sulla nuova piece teatrale di Elia Kazan, un pezzo sulla strategia mondiale dei comunisti, uno sulla brutale arte di infastidire gli avversari nel mondo del baseball professionistico e un reportage di 16 pagine sulla nuova Germania post bellica e sugli uomini che la stanno costruendo.

Il giorno dopo, mentre guida sulla route 40, accompagnato dalla radio che suona il tema di Scandalo al Sole e dalla voce di June che non la smette di fare progetti per il futuro, John ripensa ai tedeschi. Tutta quella energia lo ha colpito. Cazzo stanno ricostruendo un paese dal niente laggiù! Via chi aveva il proprio nome compromesso col passato e avanti i nuovi tedeschi. John decide che per iniziare la sua nuova vita deve tagliare del tutto col passato. Un altro nome. Via quel nome ebraico da venditore di auto usate. Anche se la sua famiglia si è convertita da tempo al cristianesimo battista, nel mondo degli affari un nome come Rosenberg può creare qualche problema. Un bel nome ariano è quello che ci vuole. Sceglie Werner come Heisenberg, perché la fisica quantistica lo affascina, e il cognome lo prende a Ludwig Erhard, il ministro dell’economia artefice della rinascita tedesca. In mezzo ci mette il nome più tedesco che gli viene in mente: Hans. Così a St. Louis, dalla macchina partita da Philadelphia su cui era salito John Paul Rosenberg, scende Werner Hans Erhard assieme a Ellen Virginia Erhard. Anche il nome June Bryde è rimasto in quel motel. Tranne qualche particolare che ho aggiunto io, questa è una storia vera, una vera storia americana, che si meriterebbe una grande trasposizione cinematografica, magari con Leo DiCaprio nel ruolo di John/Werner. Ma il film è appena all’inizio.
Dopo il Missouri, i due si trasferiscono sulla costa ovest. Facendo la spola tra Spokane, nello stato di Washington, e San Francisco. Sono i primi anni sessanta e la California sta diventando la slot machine del paese. Basta avere un’idea, un prodotto. Ma Werner non ce l’ha, se lo deve inventare. Nel frattempo Werner lavora duro. Torna a vendere macchine, poi si mette a vendere enciclopedie e alla fine diventa un pezzo grosso in una casa editrice. Ma i libri Werner non li vende solamente, li legge e impara. Soprattutto legge una serie di libri che parlano delle potenzialità inespresse del genere umano e di come valorizzarle, partendo però da punti di vista e linee di pensiero differenti (psicologia, psicoterapia di gruppo, filosofie orientali e gruppi di formazione per manager), anche se ormai vengono raggruppati assieme nella categoria dei Movimenti del Potenziale Umano. Werner rimane folgorato. Sono libri scritti per gente insoddisfatta e ambiziosa, persone disposte a pagare per farsi indicare la strada per il miglioramento personale, psicologico e sociale. Sono gli anni del benessere ma anche quelli del male oscuro che pervade la società ed in particolare la middle class americana. Gli anni in cui Ron Hubbard, curiosamente anche lui appassionato di fisica nucleare, prima si inventa il metodo di auto aiuto Dianetics e poi fa diventare Scientology un affare di valenza nazionale. Sono gli anni magistralmente raccontati da Paul Thomas Anderson in The Master.

Werner va a lavorare per il movimento Mind Dynamics che all’automiglioramento aggiunge un pizzico di Teosofia e una manciata di Rosacrocianesimo. Ed è a questo punto del film che arriva il colpo di genio: Werner si inventa gli “est”, i Erhard Seminars Training organizzati dalla Werner Erhard Foundation. Leggenda vuole che Werner avesse preso il termine est dal titolo di un libro di fantascienza, est: The Steersman Handbook scritto sotto pseudonimo da Leslie Stevens, lo sceneggiatore della serie Oltre i limiti e del film Ritorno alla laguna blu. Gli est consistevano in seminari di gruppo in cui veniva servita la crema dei vari movimenti sorti fino ad allora mescolata assieme e servita sotto forma di lezioni sulla natura della realtà, della percezione e dei sistemi di credenza. Oltre a questi elementi “didattici” venivano praticati procedimenti più diretti come attacchi verbali violentissimi nei confronti dei partecipanti, accusati di essere i veri artefici dei problemi che li affliggevano. Insulti continui e urla da parte degli istruttori sul livello del sergente Hartman di Full Metal Jacket. Molti, durante le 60 ore di seminario spalmate in due weekend, crollavano piangendo, altri vomitavano o svenivano, alcuni si cagavano letteralmente addosso. I risultati a prima vista erano strabilianti. I diplomati dichiaravano di sentirsi finalmente liberi e di stare bene. Tra loro anche nomi famosi come Cher, Buzz Aldrin e John Denver che divenne molto amico di Werner Erhard e si fece promotore di altre sue iniziative. Dal 1971 al 1984 più di 700.000 americani parteciparono agli est a colpi di bigliettoni facendo di Werner un uomo veramente ricco. Si dimostrò anche un mecenate molto generoso nell’ambito della fisica teorica, sponsorizzando movimenti come il Fundamental Fysiks Group e organizzando letture a cui parteciparono scienziati del calibro di Stephen Hawking e Leonard Susskind.
Naturalmente, come in ogni biopic americano che si rispetti, a metà del secondo tempo le cose iniziano a precipitare. L’America negli anni ’80 cambia ad un ritmo travolgente e anche est ha bisogno di un rinnovamento. Werner lo rinomina The Forum e alza le tariffe per i partecipanti, ma alla fine è praticamente la stessa cosa: urla, vessazioni, violenze psicologiche e una convincente marmellata di psicoterapia alternativa e pseudoscienze. Cominciano ad arrivare denunce di problemi psichiatrici causati dal trattamento, riconducibili anche ai tempi del trattamento est. L’IRS decide di dare un’occhiata approfondita ai conti di Werner e lo accusa di evasione fiscale. June/Ellen lo trascina in un burrascoso divorzio. Le figlie lo accusano di soprusi fisici e psicologici nei loro confronti, lui nega sempre e loro alla fine ritrattano. Il clamore suscitato da alcune inchieste televisive lo portano ad una decisione estrema. Nel 1991 cede tutte le sue azioni di The Forum agli altri soci e se ne va. Scappa lontano. Nel 1993 si aggira tra l’Europa dell’est e la Russia post comunista, poi lo vedono alle isole Cayman. John Denver intanto si è schiantato con un aereo ridicolo sulle colline nel nord della California e quasi nessuno dei vecchi amici di Werner lo cerca o si espone per dargli una mano. Qualche conferenza lo porta di nuovo negli States ma la magia è finita, come alla fine di Wolf of Wall Street, Werner può ancora insegnarti come vendere una penna ma per lui ormai sono arrivati i titoli di coda, sulle note di Take Me Home, Country Roads.

Ma cosa è successo a The Forum? Lo scopriamo alla fine, dopo i credits. I soci di Werner nel 1991 fondano Landmark che diventa un colosso della formazione di gruppo registrando profitti per circa 77 milioni di dollari nel 2009. Anche per Scientology le cose non vanno male negli ultimi tempi: gli incassi stimati superano il mezzo miliardo di dollari annui. Sorgono un po’ dappertutto Istituti e Fondazioni direttamente controllati da queste organizzazioni e che servono solo a conferire un’aura di autorevolezza a tutti i loro affari. Proprio come alla fine di The Master quando La Causa fonda e gestisce un rispettabile istituto scolastico. Proprio come in un film.


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