Al servizio di Sua Maestà
Silverio e Dellarge al Codalunga


di

Al Codalunga, per la serata di chiusura made in Mexico, si parte con l’electro convulsa e rumorosa di Dellarge, davanti a un pubblico ridottissimo. Ci siamo io, il Duffo e qualche altro spettatore, un paio dei quali in evidente stato alterato. Accanto a noi, con maglioncino girocollo a righe e un enigmatico capello corto, c’è Silverio, che ancora non è diventato “quel” Silverio e sembra uno capitato lì per caso. Batte il ritmo col piedino e fa strani movimenti con il collo come un luchador che si scalda prima di salire sul ring. Alle 23.40, attirati da un segnale ultrasonico, arrivano gli altri, e la sala si riempie. Dellarge lancia sciabolate elettriche, chinato sulla consolle come un bravo ragazzo che studia per l’interrogazione del giorno dopo. L’atmosfera è già carica, inizia a fare caldo, e quando il set termina, usciamo per prendere un po’ d’aria.
Nemmeno il tempo di accendersi una sigaretta che la voce declamante di Su Majestad Imperial ci richiama dentro. Silverio è lì, in tutto il suo splendore. Giacchetta bianca da matrimonio, stivaletti alla caviglia e le immancabili mutande rosse. Ha indossato la sua caratteristica parrucca a metà tra un mullet anni ottanta e una frangia tagliata con la scodella. Subito con il classico mix di elettronica scarna, bassi che saltellano e piccole melodie latineggianti, la temperatura inizia ad aumentare e lui pare scosso da qualche disturbo neurologico tipo sindrome di Tourette, fa piccoli passi sul posto, percuote arrabbiato la sua strumentazione e lancia improperi, più o meno comprensibili, verso tutto e tutti. La situazione sale di intensità e la gente comincia a ballare per davvero.

A un certo punto arriva il giro di basso della mega hit Perro, ed è il delirio. Electropunk latina da festa tra le rovine di Città del Messico. Una bolgia nelle prime file, si balla scomposti, chi saltella, chi in preda a convulsioni da rave, chi accenna una skank da sfattone. Silverio inizia a denudarsi e a sudare, si muove tra il pubblico, manda allegramente a fanculo tutti, insulta i parenti, con particolare attenzione per le madri. È un autentico showman, mezzo sacerdote estatico mezzo capobanda scalcinato, tra una pioggia di battiti potentisssimi e schizzi di birra. Sempre più sprofondati tra i corpi iniziamo ad accennare un po’ di pogo, sbattacchiati dai baldi giovani inneggianti al piccolo imperatore.
Man mano che il set procede, con il Duffo che canticchia la melodia contagiosa di Salon de Beleza come se non avesse fatto altro negli ultimi dieci anni, Silverio si preoccupa per le scosse che gli arrivano dall’attrezzatura, nel timore di rimanere fulminato tra i monti del nord Italia. E va detto che con tutto quel sudore sulla panza il rischio è reale. Gli rubano il microfono e lui, con tipici sbalzi di umore da Sua Maestà in esilio, un po’ è contento e un po’ si incazza. Recuperato lo strumento del mestiere, chiede l’aiuto di Dellarge e insieme avvolgono il microfono in una specie di tela fetida, mentre la giacchetta bianca, ormai ridotta a un cencio ributtante, passa tra il pubblico. Il musicista desnudo si toglie anche gli stivaletti, compiendo rituali ignoti ai più. Un paio di malcapitati tentano il selfie con la star messicana e Silverio li ricambia sottraendogli il telefonino e infilandoselo nelle leggendarie mutande scarlatte, coperte di birra e di sudore. Dopo il siparietto telefonico Sua Maestà Imperiale si concentra sull’ultima parte del set, mentre gli astanti sono ormai preda di un’estasi senza ritorno. Tra loro, lo stesso Vascellari, che scuote la testa come se fosse davanti al muro del pianto. Rumori e accelerazioni poderose, ipnotiche, avvolgono la sala mentre il performer messicano, che ha sostituito il Mezcal con lo Jagermeister, arringa i presenti in modo incomprensibile. Ultimi sussulti di pogo per il gran finale, con impossibili frenesie breakcore che rompono la resistenza dei prodi ballerini per arrivare, in coda, a una prolungata serie di rullate da metallari cialtroni. Alla fine, Silverio mostra il dito, se ne va a passi rapidi e scompare. Il resto, dice qualcuno, è silenzio.


2 commenti

  • duffogrup ha detto:

    Caro Proserpio, l’altra sera ho avuto la prova definitiva. Molti supereroi sono tra noi, con i loro superpoteri e le loro identità segrete. L’omino senza nome col maglioncino da scuola media si è trasformato in un battito di ciglia, non visto da alcuno, in Silverio l’eroe del sudore danzereccio. Al Codalunga ho visto la verità ed è per questo che da allora sono lacerato dal dubbio. Dovevamo liberarci finalmente dal peso che portiamo quotidianamente e mostrarci a Su Majestad indossando le maschere delle nostre fattezze da super-luchadores?

    • alunno Proserpio ha detto:

      No, credo che al Codalunga non ci fosse posto per più di un supereroe o superluchador, si dovranno attendere momenti più propizi…

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