Ipotesi per un remake grafico


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Se esiste una lettura a fumetti con la quale ho sempre faticato, e non poco, questa è indubbiamente “Sandman”. “Vergogna!”, è il coro che odo levarsi dagli spalti dei più o meno true believers. Aggiungo, a mia colpa, che non ne sono un profondo conoscitore, tantomeno un fan, e di non essere mai riuscito ad arrivare all’ultima pagina della saga. Ricordo ancora come interruppi la collezione al terzo spillatino della defunta Comic Art, la casa editrice che ne possedeva i diritti italiani nell’ormai lontano 1994.

Altro grido assordante: “Bestemmia!”. Vabbè, potrei difendermi appellandomi al fatto che la storia di Neil Gaiman è oggettivamente complessa, presenta diversi livelli di lettura e richiede un indubbio sforzo nella sua fruizione, ben al di sopra di quelli previsti dalla media della produzione fumettistica moderna, per non dire contemporanea. Tuttavia, no, non voglio nascondermi dietro queste ideali foglie di fico e sarò totalmente sincero.

Il principale fattore che non mi ha mai permesso di concludere la serie, pur possedendone da qualche tempo tutti i volumi, è uno e uno solo: la qualità dei suoi disegni. Un aspetto questo che, con mio sommo gaudio, è mutato completamente con il fresco sbarco sul personaggio del maestro J. H. Williams III e delle sue inconfondibili e magiche matite in occasione del lancio della miniserie prequel “Sandman: Ouverture”.

Quest’ultima storia, realizzata al word processor sempre dallo scrittore originario, è semplicemente una gioia – quasi lisergica in numerose tavole – per gli occhi. Quanto alla vicenda in sé narrata, le opinioni non sono tutte concordi ma, dal punto di vista dei disegni, non vi è alcuno che si sia permesso di discutere il risultato finale.

Ora, non intendo sostenere l’assioma, molto in voga in USA negli anni ‘90, “bei disegni = bell’albo”, tipico, tra l’altro delle fasi di avvicinamento al medium fumetto in età più o meno giovane (proseguendo nelle letture, e maturando con gli anni, ci si rende poi conto come, al 90%, la formula magica sia invece: “bella sceneggiatura = bell’albo”). Tuttavia, i disegnatori chiamati a realizzare la gran parte dei numeri della lunga serie originale – parliamo di ben 75 albi, spin-off esclusi – mi sono piuttosto indigesti. Il prodotto non fu certo concepito come opera mainstream, ricevendo i natali nell’alveo dell’allora neonata divisione Vertigo della DC Comics. Gaiman, nel 1989, non era ancora un autore affermato, di grido, alla “moda”, quale divenne a partire dal decennio seguente, in primis grazie a questa sua opera. La scelta dei creatori grafici della serie cadde sulla coppia Sam Keith (matite) e Mike Dringenberg (chine, poi anche matite), fino ad allora attivi su lavori decisamente minori e dotati di un tratto underground, sporco. Ecco, già solo a buttar già queste ultime parole mi prende un senso di leggero malessere. Non credo di essere un esteta della Nona Arte ma, questo sì, da quando presi in mano il mio primo comic book, ho amato un certo tipo di tratto, quello che si definirebbe classico, definito, non nervoso e “tirato via”, come spesso accade oggi, epoca in cui vediamo incensati troppi cani le cui matite non avrebbero mai e poi mai visto l’ombra di una pubblicazione poco più di un lustro fa. O tempora o mores…


Mi si dirà che “Sandman” è tutto tranne che una saga di genere supereroistico e, tantomeno, è un fumetto biografico/storico. Ne siamo tutti perfettamente consapevoli, io in primis. Tali generi, nel mercato anglosassone, vengono storicamente realizzati secondo stilemi grafici decisamente classici, che non lasciano pressoché mai spazio al tratto grottesco o bizzarro. Chiaramente, non è il caso della storia in oggetto. Trattando di vicende che hanno per protagonista un pantheon di esseri eterni, le cui (dis)avventure sono calate in contesti nei quali l’elemento onirico è basilare (il protagonista, ricordiamolo, è il Signore del Reame del Sogno), è chiaro come lo stile grafico mediante cui l’opera è stata ideata e poi messa nero su bianco esuli da quelli più tradizionali. La cosa, quindi, andrebbe semplicemente accettata ma purtroppo, né ora né in passato, questo mi è facile da digerire, specie dopo aver divorato con gli occhi le tavole impareggiabili del citato Williams III. Ciò che sinceramente mi chiedo è se non si potesse fare uno sforzo maggiore all’epoca.

Ho letto online di recente una sorta di ammissione (perdonatemi, non ricordo se proveniente da Gaiman o da qualcuno ai vertici della DC) di come i disegni dei primi numeri della serie non fossero effettivamente granché. Bingo! Il fatto è che, ogni qual volta riprendo in mano le storie di Morfeo, non faccio che chiedermi come queste apparirebbero se disegnate da autori di primo piano della Nona Arte di fine anni ’80. Non ha alcun senso fare hic et nunc un elenco dei migliori disegnatori dell’epoca. Il problema è che “Sandman” è nato con le matite dei suddetti creatori, onestissimi mestieranti (soprattutto Kieth, creatore anche di “The Maxx”) ma, onestamente, nulla di più.


Qui entrano in gioco pensieri, oltre che personalissimi, anche laterali, quali: è corretto che opere che rientrano a pieno titolo nel patrimonio artistico mondiale non possano godere di una maggiore diffusione, e conseguente apprezzamento (non per forza automatico, ok), in quanto “monche” e/o carenti sotto alcuni aspetti? Il passato non si può mutare, questo è ovvio, tantomeno un’opera artistica fatta e finita. Tuttavia, non sareste curiosi di poter ammirare la storia di cui scrivo, indubitabilmente larger than life, realizzata graficamente da artisti maggiormente – diciamocelo – abili? Sono certo che la saga guadagnerebbe enormemente da un ipotetico remake visivo.

Alla base di tutto credo vi sia il nostro “imprinting fumettistico”. Noi leggiamo ciò che ci cattura (già dalla copertina di un albo, in molti casi), ci emoziona, ci rassicura, ci intriga, ci spaventa. Tutto ciò e molto di più. Al tempo stesso, è difficile che noi si prenda in mano e si sfogli qualcosa che istintivamente tende ad allontanarci. Il tempo a nostra disposizione, specie allorché entriamo nel mondo lavorativo, è oggettivamente quello che è: ben poco. E leggere è un’attività che può risultare rilassante quanto impegnativa; un’azione, in ogni caso, che necessita del suo tempo, soprattutto se a un semplice testo è affiancato un disegno.

“Sandman” rappresenta senza dubbio la lettura personalmente più complicata da portare a termine. Sono certo che, prima o poi, taglierò il traguardo della sua ultima tavola e immagino che ne sarà valsa la pena (è proprio il caso di dirlo). I suoi disegni però… Che supplizio di Tantalo!


2 commenti

  • Alunno Proserpio ha detto:

    Personalmente leggendo Sandman ha sempre colpito la differenza tra il disegno, aspro e a volte sgraziato, underground, e le copertine, molto curate, piene di dettagli. Le copertine di Dave McKean secondo me hanno anticipato ad esempio la moda dei titoli di testa cinematografici misteriosi e inquietanti, per capirci tipo quelli di seven, pieni di oggetti suggestivi ed esoterici. Che ne pensi?

  • Mastro Stout ha detto:

    Caro AP,purtroppo nn ricordo i titoli di testa di Seven nè,come scrivevo nel pezzo,ho questa grande cultura di Sandman da potermi esprimere più di tanto su questo comic book…se nn di pancia! Il lavoro di McKean era ed è meraviglioso,suggestivo&evocativo come pochi,almeno in quest’arte. La cosa,direi,rafforza ancor di più i miei (e i tuoi) giudizi sui disegni degli albi:tu li definisci sgraziati,io nn all’altezza di una serie tanto importante. Se le confrontiamo con le splendide cover di McKean, le matite dei regular artist della serie ne escono decisamente con le ossa rotte! Esiste un volume di gran successo legato a Sandman che racchiude tutte le copertine realizzate dall’artista britannico.Una vera e propria gioia per gli occhi,contraltare perfetto delle graficamente deludenti pagine interne dei singoli albi. Personalmente,vedrei benissimo McKean all’opera sulla sigla di un telefilm tipo Penny Dreadful (vabbè,uno simile visto che questo è inopinatamente finito); credo che su opere di genere horror/fantasy fornirebbe un ottimo prodotto. Non so se sei d’accordo.

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