From abbey to abbey
Report musicale di mezza estate (Parte III)


di

Prendo il testimone e mi appresto a continuare la cronaca dei concerti estivi iniziata da Duffo (I e II parte). Abbattuto dal classico colpo della strega che mi imponeva movimenti da over 70 ho vissuto la trasferta in terra emiliana con la sensazione di essere un peso morto al seguito di Duffo e platipuszen, in vena di pellegrinaggi culturali e artistici. Per fortuna il buen retiro di un Bed & Breakfast ci attendeva, alla sera, tra vecchi dagherrotipi, cassettiere da biciclettaro dei tempi di Bartali e quadretti di ninfe e ragazze allegre degne di un albergo a ore. Così, dopo gli epici martellamenti dei Fuck Buttons, davvero unici nel coniugare melodie, epici crescendo da stadio, bassi vibranti e sfarfallii noise, sono riuscito a riprendermi per la grande giornata della Tempesta. Ovviamente da anni faccio il tifo per il cambio del nome della benemerita etichetta, dato che ogni volta che lancia uno dei suoi eventi estivi, la Tempesta chiama cataclismi e uragani d’ogni genere. E quest’anno, col tempo di merda ormai proverbiale, il trend si conferma. Nuvole a incombere per tutto il giorno e poi prima pioggia mentre siamo in fila per il biglietto. Per fortuna accanto ai portichetti di Soliera ci sono banchi, banchetti e furgoncini ristorante, che fanno venire l’acquolina in vista della cena.

La Tempesta, l'Emilia, la Luna

Arriviamo che Maria Antonietta ha già iniziato. La ragazza urla, si muove tra cantautorato di matrice vascobrondiana, passaggi reggaeggianti e sfuriate elettriche. Non ho seguito tanto lo hype che si è creato intorno a lei. Di certo ha un suo carisma, tiene il palco molto bene, e graffia le melodie pop quel tanto che ci vuole. Unico dubbio: ma non è che Simona Gretchen, che secondo me faceva cose simili in tempi non sospetti (ma senza quella venatura hipsteristerica che evidentemente non guasta) un po’ si incazza a vedere il successo di M.A.? Comunque brava, ce ne fossero, eccetera eccetera.
L’organizzazione, visto il rischio pioggia, decide di trasferire uno dei palchi in un cinemino che dà sulla piazza. E lì corriamo, per non rischiare di perdere gli Altro, il gruppo che più mi incuriosiva.
I tre sotto le luci rosse del palco ci danno dentro, e soprattutto Baronciani fa il rocker quel tanto da mettere un po’ di pepe e rendere la performance molto coinvolgente. Schitarrano alla grandissima, e bombardano con il loro affilato post punk venato di hardcore. Baronciani urla e ulula alla luna, gli altri due gli vanno dietro e tirano sganassoni di ritmiche spaccate. Unico disappunto: ma perché fare un disco (il recente Sparso) pieno di vuoti, morbidezze e melodie, da degni discendenti emotivi di gente come Husker Du e Minutemen, e dal vivo farsi prendere dalla sindrome del power trio col volume a palla? Generando poi effetti collaterali spiacevoli, tipo bimbetti che pogano con lo zainetto rompendo i coglioni a tutti, visto poi che il pogo si è ridotto chissà perché al gioco degli spintoni ai giardinetti.

Gli Altro

E si torna dunque fuori, in un va e vieni un po’ da scemi, per sentire gli Zen Circus. Ora, con gli Zen il sentimento è sempre duplice. Per dire, ho il Nello Scarpellini autografato da Appino dopo un Tora Tora Tora! durante il quale i pisani avevano suonato di pomeriggio davanti a 10 persone 10. Li ho visti in posti improbabili e li ricordo a un memorabile Rospi in libertà (e c’è da qualche parte una mia recensione di un loro devastante live al No Fun di Udine) con Appino che si rotolava in mezzo a deliri elettrici di dieci minuti. E quindi sono contentissimo che ce l’abbiano “fatta” (virgolette d’obbligo dato il posto di merda che è l’Italia musicale). Eppure, sentirli suonare per più o meno un’ora senza uno solo dei loro classici punk in lingua straniera, senza, per dire, “Colombia” o la vecchia “Sailing Song”, lascia l’amaro in bocca. Sarà che con quel loro fisico tiratissimo e le distorsioni da hard rock mi hanno fatto pensare a dei Van Halen di provincia. Ma il volume era troppo basso, l’Appino troppo cotonato, il pubblico troppo giovane. Però, dai, a modo loro restano grandi, come si è sentito con la cover degli Eppu Noormali cantata du UFO e dedicata a Tommy Ramone. Non posso che augurare al circo Zen ogni bene. E poi la recente “Viva” è davvero bella e “Figlio di Puttana” è un classico del pop italiano, vicino a Rino Gaetano e Battisti, e tanto basta.

A quel punto via con la cena, ma questo è un altro capitolo.

 

Prima puntata di “From abbey to abbey – Report musicale di mezza estate”
Seconda puntata di “From abbey to abbey – Report musicale di mezza estate”


2 commenti

  • duffogrup ha detto:

    Molto energetici gli Altro che con il loro micropunk scombussolano le aspettative dei piccoli fans accalcati attorno a noi anche se alla fine mi hanno infastidito meno delle zanzare tigre. Del post performance ricordo però distintamente due momenti.
    1) Un alter ego ridicolo di Pete Doherty (anche se di faccia somigliava ad un giovane Gaber) che sentenzia con una sola frase sia il suo disappunto per gli Altro sia il fatto di essere un coglione.
    2) L’incontro verso l’uscita con un povero vecchio, chiaramente in stato confusionale, che si aggirava tra i pischelli cercando un bagno disperatamente e canticchiando le canzoni dei Rossofuoco

  • alunno Proserpio ha detto:

    Indimenticabile, l’alter ego di Pete, e anche quell’anzianotto dal sorriso sfavillante!

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