Apocalisse Ottanta: socialdemocrazia mutante


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Apocalisse vuol dire rivelazione, ma non sempre si capisce bene quale sia l’oggetto o il senso della rivelazione.
Per me il significato è chiaro: vedremo perdere i capelli al mitico James MacAvoy-Xavier. Si tratterà solo di capire come. E alla fine la zucca pelata del nostro, tonda e liscia come un palloncino, verrà ottenuta a suon di catastrofi nucleari sfiorate, con una strana teoria delle relazioni internazionali che ricorda quella già attuata da Ozymandias in Watchmen: se arriva un supercattivo potentissimo, in questo caso un Faraone mutante con la faccia cianotica, e decide di imporre il disarmo atomico in pieni anni ottanta, c’è bisogno che qualcuno lo fermi, per evitare contraccolpi imprevisti alla Pax Sovietico-Americana.
Facciamo qualche passo indietro. Anni Ottanta. Età dolce di Trash Metal ed Electropop, di spalle imbottite e videogame arcade, in cui gli X Men fanno quello che gli viene meglio. Prendono contatto con i loro poteri, si spaventano, si sentono soli, incontrano Xavier che li accoglie nel villone avito. E via addestramenti, lezioni di letteratura, corsi di autodifesa mutante, con il geniaccio blu e peloso Bestia che trova soluzioni per tutti. Ciclope diventa Ciclope. I ragazzi girano in cabrio, come i Paninari di San Babila.
Magneto vive in Polonia, opera nel campo dei metalli pesanti, omaggio al classico di Wajda L’Uomo di ferro. Si è fatto una vita. C’ha na moglie, na figliola, vò stà tranquillo, dedicandosi al massimo a record di produzione industriale. Ma tutto gli va a rotoli, e come al solito si incazza. Torna il Magneto cattivo e con la monetina assassina fa giustizia di un plotone di poliziotti. Intanto Xavier indossa una giacchetta alla Don Johnson sul maglioncino girocollo, mentre notiamo in giro cotonature, felpe, jeans che scoprono la caviglia. Sono gli ottanta, ragazzi, e peccato che Synger non abbia voluto osare di più, perché Mac Avoy col mullet sarebbe stato da urlo.
Insomma, bim bum, zzzot, stromp, ta-pum, cattivi che restano cattivi, buoni che diventano cattivi e poi tornano buoni. Auschwitz viene distrutta, e sarebbe interessante sentire che avrebbe avuto da dire, che so, Primo Levi. Giovane Tempesta nei bassifondi del Cairo. Jean Grey che sta per diventare Fenice e si intuiscono i futuri cazzi amari. Pietro, l’X Men ferma tempo, fa il suo numero con gli Eurythmics in colonna sonora, molto divertente. Arriva Kurt Wagner, alias Nightcrawler, coi dentoni, la coda da diavoletto e una malriposta fede in Dio. Ci sono Reagan e Breznev, gli SS20 e i Cruise, peccato per la mancanza di Sigonella e di Craxi, che avrebbe fatto la sua porca figura con gli occhialoni e la pelata, a metà tra Ciclope e Xavier. Memorabili Four Horsemen (visto il tema apocalittico) dei Metallica, giocata a Berlino Est, e il cameo di Wolverine.
Alla fine l’Apocalisse viene, ed è spettacolare, col cattivone faraonico che quasi vince, ma poi, come al solito, l’unione fa la forza. Da soli non si va da nessuna parte. Messaggio che definirei Socialdemocratico: gli X Men non allineati, tipo la Svezia di Olof Palme, uniti contro l’edonismo reaganiano, con un abbozzo di welfare state xavieriano.
Ah, dimenticavo, MacAvoy crapa pelada non è il massimo.


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